Scintigrafia miocardio con indicatori di lesione

Si tratta di un’indagine scintigrafica che fa uso di appositi “radiofarmaci”, cioè di sostanze che si concentrano in quelle aree del miocardio (il tessuto cardiaco) andate incontro a necrosi, come per un infarto. Le stesse sostanze  non si accumulano nel miocardio sano in modo significativo, permettendo così di distinguere le aree necrotiche da quelle sane.

I radiofarmaci, iniettati per via endovenosa, sono il 99mTc-pirofosfato e il 111In-anticorpi monoclonali antimiosina. Il primo si concentra in modo aspecifico nelle aree di necrosi muscolare acuta (tra il primo e il decimo giorno di un infarto miocardico). Il secondo, come dice la sua stessa denominazione, si fissa alla miosina, una proteina enzimatica presente nelle cellule muscolari (e quindi anche nel cuore, che è un muscolo con funzione di pompa) ed essenziale per la loro contrazione. Se si applica anziché la scintigrafia planare quella tomografica (la tomoscintigrafia – SPET) viene aumentata la sensibilità e la specificità di queste indagini anche laddove l’infarto sia stato contenuto. È infatti il caso di ricordare che questa metodica si applica non per estesi infarti la cui diagnosi viene posta con il solo ECG e i dosaggi enzimatici, ma nei casi dubbi come infarti sottoendocardici, adiacenti a pregresse aree di necrosi, in presenza di blocco di branca sinistra e post- o perioperatori in pazienti cardiochirurgici.

Il paziente viene fatto sdraiare su un lettino e l’apparecchiatura, una gamma camera, acquisisce le immagini. L’esame è ben tollerato e non comporta particolari effetti collaterali, salvo la possibile allergia (in caso di impiego del 111In-anticorpi monoclonali antimiosina in quanto contiene anticorpi antimurini).


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