Esiti di chirurgia protesica arto inferiore

Le protesi dell’arto inferiore sono sostanzialmente quelle di anca e di ginocchio. L’anca è la più grande articolazione del corpo umano, quella che ci consente di rimanere in equilibrio e di camminare in posizione eretta. Va incontro ad usura, specie a causa dell’età e di particolari attività sportive. Osteoartrosi, artrite reumatoide, fratture sono le condizioni più comuni che ne compromettono la funzionalità, ma anche artrite settica (un’infiammazione batterica), necrosi avascolare (di solito da abuso di alcol), tumori ossei, displasia congenita dell’anca. Quando il dolore, la rigidità, la difficoltà nei movimenti sono tali da non garantire più una qualità di vita sufficiente se non comprometterla gravemente, si impone la sostituzione dell’articolazione con una protesi d’anca.

Ci sono diversi tipi di protesi d’anca, che vengono scelti tanto in relazione allo specifico processo di degenerazione articolare quanto al tipo di paziente.

La più comune è formata da uno stelo che viene inserito nel femore e da una coppa che va a sostituire l’acetabolo. Quanto ai materiali di cui sono composte, possono essere di una lega metallica, ma anche di plastica o ceramica.

Il ginocchio è l’articolazione che unisce la coscia con la gamba permettendo al femore di articolarsi con la tibia. È un’articolazione estremamente complessa che può andare incontro a fenomeni degenerativi a causa del tempo o in seguito a un intenso utilizzo, come in certe attività sportive. Quando il dolore che ne segue è intenso, si ha gonfiore, si riduce la mobilità del ginocchio, si ha difficoltà a svolgere le comuni attività della vita quotidiana, e le misure conservative come la fisioterapia o l’uso di antinfiammatori non si rivelano più sufficienti, si può ricorrere all’impianto di una protesi di ginocchio. Si distinguono una protesi totale e una parziale: nella protesi totale, strutture artificiali in metallo sostituiscono le estremità sia del femore che della tibia, mentre nella protesi parziale (peraltro poco praticata) si interviene su una sola estremità. Le protesi hanno lunga durata (15-20 anni, meno quelle parziali) e dopo un periodo riabilitativo consentono una piena ripresa dell’attività.

Gli interventi di chirurgia protesica sono ormai di routine. Ciò non toglie che possano esservi problemi dopo l’impianto di una protesi, a partire dalle infezioni protesiche. Queste possono essere precoci, entro le 4 settimane dall’intervento, ma anche ritardate e tardive quando insorgono, rispettivamente, tra 1 e 24 mesi o oltre i 24 mesi.

Altre complicazioni, per esempio nel caso di protesi d’anca, comprendono dismetria (quando si ha una differenza di lunghezza tra i due arti), la lussazione (quando le componenti protesiche si disassemblano), un ritardo di cicatrizzazione della ferita, o allergie alle componenti metalliche della protesi. Si possono poi avere trombosi venosa profonda ed embolia polmonare, nonché complicazioni vascolari e nervose.

Dopo l’intervento, il paziente va attentamente seguito: la gestione del dolore e la prevenzione della trombosi venosa profonda e quindi della formazione di coaguli di sangue sono essenziali in questo percorso, che comprenderà poi la fisioterapia con esercizi di mobilizzazione.


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