Crioglobulinemia

La Crioglobulinemia è una forma di vasculite che si caratterizza per la presenza nel sangue di proteine, dette crioglobuline, che, al di sotto dei 37 °C, formano un ammasso solido e biancastro, per poi ridisciogliersi una volta raggiunta la normale temperatura corporea. Diffusa soprattutto nell’Europa meridionale, colpisce prevalentemente le donne tra i 40 e i 60 anni.

Tale condizione tende a manifestarsi in presenza di alcuni tumori del sistema linfatico (macroglobulinemia di Waldenström, mieloma multiplo), malattie autoimmuni (lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sindrome di Sjögren) o di infezioni virali come l’epatite C, in stadio avanzato o cronico.

Nella maggior parte dei casi, la Crioglobulinemia non produce sintomi particolari, mentre in altri si manifesta tramite debolezza, dolori articolari o muscolari o insorgenza di lesioni simili agli ematomi (porpora), a causa dell’infiammazione dei vasi sanguigni. Ne possono derivare danni al fegato e ai reni (insufficienza epatica e renale) e può essere associata al fenomeno di Raynaud per l’eccessivo raffreddamento di mani e piedi. L’aumento della viscosità del sangue, inoltre, può ostacolare la circolazione a livello dei piccoli vasi, compromettendo anche altri organi (cervello, occhio) e portando alla necrosi (morte) di cellule tessutali. Sono possibili manifestazioni anche a carico dei nervi, con conseguente formicolio e intorpidimento degli arti; a livello cerebrale (ictus e cefalea); e cardiaco (insufficienza cardiaca).

Per giungere alla diagnosi può essere utile, dopo la valutazione dei sintomi, ricorrere a uno specifico esame del sangue che viene analizzato a temperature diverse (4 e 37 °C), per studiare la precipitazione degli anticorpi. Può essere consigliata anche la biopsia, ovvero l’analisi di un campione di cellule di alcuni tessuti.

Il tipo di trattamento da adottare dipende dall’origine della Crioglobulinemia. In genere, prevede l’assunzione di farmaci antinfiammatori (corticosteroidi come il prednisone o i FANS), antivirali (in caso di epatite C) o immunosoppressori (ciclofosfamide, metotrexato). Il paziente dovrà evitare gli ambienti caratterizzati da basse temperature.


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