L’Artrite enteropatica è una manifestazione infiammatoria delle articolazioni, associata a disturbi cronici dell’intestino come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. Appartiene all’ambito più ampio delle cosiddette spondiloartriti sieronegative che colpiscono la colonna vertebrale e si caratterizzano per l’assenza, negli individui predisposti geneticamente, del fattore reumatoide nel sangue (un autoanticorpo spesso associato all’artrite reumatoide).
Se ne distinguono tre tipi:
- una forma “pauci-articolare”, per lo più acuta e autolimitante che coinvolge meno di cinque articolazioni (tipo I);
- una forma che coinvolge più di cinque articolazioni che decorre da mesi ad anni ed è indipendente dalla malattia infiammatoria intestinale (tipo II);
- una spondiloartrite franca che coinvolge la colonna vertebrale (tipo III).
La sintomatologia può essere aggravata dalla comparsa di uveite (infiammazione oculare che interessa la membrana posta tra la cornea e la sclera e detta uvea), pioderma gangrenoso (malattia cutanea caratterizzata da ulcere ricorrenti) o eritema nodoso (formazione di noduli sottocutanei nelle gambe), nonché da diarrea, comparsa di muco o sangue nelle feci, lesioni o macchie cutanee, dolore in corrispondenza di ginocchia o caviglie.
All’origine dell’Artrite enteropatica vi possono essere molteplici fattori: una predisposizione genetica (il soggetto presenta i geni HLA B27 e HLA B44), lo stress, un’alimentazione scorretta e infezioni.
La diagnosi si basa sull’analisi dei sintomi, su specifiche indagini di laboratorio (come gli indici di flogosi e la calprotectina fecale) ed esami strumentali come la radiografia, l’ecografia e la risonanza magnetica (RM).
Il trattamento dell’Artrite enteropatica passa attraverso infiltrazioni di steroidi o l’assunzione di farmaci come la sulfasalazina, il metotrexato, l’etanercept o di tipo biologico (anti-TNF alfa). Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) aiutano ad alleviare il dolore, ma vanno limitati per gli effetti collaterali che possono avere sull’apparato gastrointestinale. In presenza di morbo di Crohn, si ricorre all’infliximab.