L’Arterite di Horton, conosciuta anche come arterite a cellule giganti, è una forma di vasculite, ovvero di infiammazione dei vasi sanguigni, che colpisce le arterie temporali del viso, le quali hanno il compito di far affluire il sangue alle tempie, alle guance e al collo. La patologia colpisce principalmente le donne al di sopra dei 55 anni, ma si manifesta con più frequenza oltre i 70 anni e, nella metà dei casi, nei soggetti che soffrono di polimialgia reumatica.
La sintomatologia è molto varia. Tende ad essere comune la presenza di cefalea, all’inizio piuttosto persistente e talvolta pulsante, che interessa il capo posteriormente o le tempie. Queste ultime possono essere dolenti e apparire gonfie. Quando ci si pettina o si appoggia la testa al cuscino, il soggetto può provare una sensazione di formicolio al cuoio capelluto. La mandibola, la mascella e la lingua possono far male durante la masticazione o quando si parla. Febbre, affaticamento, perdita inspiegabile di peso e aumento della sudorazione vanno ad aggiungersi ai disturbi visivi. La vista, infatti, tende ad offuscarsi e può svilupparsi la cosiddetta visione doppia (diplopia). Il rischio maggiore, tuttavia, è rappresentato dalla possibilità di giungere, talora improvvisamente, alla cecità permanente dell’occhio (sono rari i casi di cecità di entrambi gli occhi), per il mancato afflusso di sangue al nervo ottico. Tra le conseguenze più gravi, vi sono anche l’ictus e l’aneurisma.
La diagnosi passa attraverso specifiche analisi del sangue, che possono rivelare la presenza di un’infiammazione, e la biopsia dell’arteria temporale. Anche l’angiografia con risonanza magnetica, in arterie diverse da quella temporale, è utile per formulare la diagnosi.
Il trattamento può cominciare anche prima di effettuare la biopsia e si basa su farmaci corticosteroidei (prednisone) al fine di contrastare l’infiammazione a carico dei vasi sanguigni e prevenire la perdita della vista. Le dosi, in una prima fase molto elevate, vengono ridotte progressivamente. La terapia va seguita per almeno due anni e può essere accompagnata dall’assunzione di integratori a base di calcio e vitamina D per mantenere la densità ossea.