Sindrome del QT corto
La sindrome del QT corto (SQTS) è una rara malattia cardiaca congenita a trasmissione genetica. Mutazioni nei geni che codificano i canali ionici del potassio e/o del calcio alterano la ripolarizzazione ventricolare, producendo un marcato accorciamento dell’intervallo QT (< 340 ms) all’elettrocardiogramma. L’anomalia elettrica espone fin dall’infanzia a tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali e a rischio di morte cardiaca improvvisa in soggetti altrimenti sani.
- Sincopi (svenimenti) dovute a tachicardie ventricolari transitorie
- Palpitazioni o cardiopalmo
- Aritmie ventricolari maligne e possibili fibrillazioni atriali
- Morte cardiaca improvvisa, talvolta manifestazione d’esordio, anche in età pediatrica
- Mutazioni genetiche ereditarie che interessano i canali ionici di membrana (soprattutto potassio e calcio), accorciando la fase di ripolarizzazione
- Familiarità positiva per sincope, aritmie o morte improvvisa in giovane età
La diagnosi si basa su:
- valutazione clinica e anamnestica
- elettrocardiogramma con QT marcatamente ridotto
- ECG dinamico Holter e test da sforzo per evidenziare variazioni del QT e aritmie
- test genetici mirati a identificare le mutazioni dei canali ionici (anche se un risultato negativo non esclude la malattia)
La prevenzione delle aritmie maligne è la priorità terapeutica. Il presidio di riferimento è l’impianto di un defibrillatore cardioverter (ICD), indicato nella maggior parte dei pazienti per interrompere tempestivamente tachicardie o fibrillazioni ventricolari.
Nei soggetti molto giovani, o quando l’ICD è controindicato, si ricorre a farmaci anti-aritmici già documentati nelle fonti (chinidina, flecainide, beta-bloccanti, calcio-antagonisti) con monitoraggio specialistico. In casi selezionati trovano posto l’ablazione transcatetere dei foci aritmici e il monitoraggio remoto di dispositivi impiantabili.
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Ultimo aggiornamento: 16/06/2025
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