Pneumopatie professionali

Le Pneumopatie professionali o pneumoconiosi sono malattie dell’apparato respiratorio dovute a inalazione nei luoghi di lavoro di polveri, fumi e sostanze inorganiche (minerali, metalli) oppure organiche (cotone, peli di animali). A seconda delle dimensioni di queste particelle inalate, esse si potranno depositare nelle vie aeree superiori oppure arrivare fino ai polmoni dove verranno assorbite dal sangue. Ne derivano diversi tipi di pneumopatie.

Le cause sono legate al tipo di particelle inalate dal lavoratore. Alcune possono scatenare allergie, ipersensibilità, reazioni asmatiche o un restringimento delle vie aeree; altre un tumore del polmone o della membrana che li avvolge (pleura; vedi anche Tumore della pleura). Possono altresì causare un’irritazione cronica che sfocia in una cicatrizzazione del tessuto polmonare che può anche avere esiti fatali (fibrosi polmonare). L’inalazione di carbone e grafite determina antracosi, l’amianto asbestosi o un tumore della pleura detto mesotelioma. Chi lavora con lino, cotone e canapa è a rischio di bissinosi, chi inala berillio può ammalarsi di berilliosi e chi invece è esposto alla silice può contrarre silicosi.

I sintomi somigliano a quelli di altre patologie polmonari. Includono tosse con possibile espettorato mucoso, respiro sibilante e dispnea, dolore o senso di costrizione toracica, attacchi d’asma.

La diagnosi si può raggiungere con l’anamnesi lavorativa del paziente per comprendere a quali particelle è esposto quotidianamente. Ad essa si aggiungono l’esame obiettivo, la radiografia del torace, eventuali analisi dell’espettorato, il test per verificare la funzionalità respiratoria (spirometria), un esame di misurazione della quantità di ossigeno nel sangue (emogasanalisi arteriosa), la tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT), e la biopsia pleurica.

Una volta stabilita la presenza del danno polmonare, la terapia è volta anzitutto a ridurre l’esposizione alle particelle tossiche e ad alleviare i sintomi. In via preventiva, sono consigliati (e previsti dalle norme che tutelano i lavoratori a rischio) screening clinici periodici per l’identificazione tempestiva del disturbo, nonché l’adozione di un equipaggiamento protettivo (mascherine, respiratori) e di tutte le misure necessarie a ridurre al minimo l’esposizione alle sostanze pericolose.


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