Epatopatia professionale da esposizione a epatotossici industriali e dell’agricoltura

Coloro che lavorano nel settore industriale e agricolo possono correre il rischio di subire l’esposizione a diversi agenti di natura fisica, infettiva ma soprattutto chimica (solventi industriali) che possono generare seri danni a livello del fegato se inalati o assorbiti dalla pelle. I principali agenti epatotossici da esposizione professionale sono gli idrocarburi aromatici (benzene) e alogenati (cloroformio, cloruro vinile e tetracloroetano, cioè un solvente usato per preparare vernici e lacche), l’alcol etilico, i nitrocomposti, i pesticidi (DDT), gli erbicidi, plastificanti, composti metallici (arsenico, piombo, fosforo, ferro, rame, cadmio, berillio, tallio) e agenti ambientali (aflatossine).

I danni al fegato che derivano da prolungate esposizioni ad alte concentrazioni di epatotossici sono vari. Comprendono necrosi epatica, epatiti, steatosi, epatite granulomatosa, epatite cronica fibrosante, cirrosi ed epatomegalia asintomatica. Le cause sono correlate al meccanismo d’azione delle sostanze epatotossiche che possono interferire con i processi metabolici delle cellule del fegato, danneggiare la loro struttura o distruggerle, trasformarle in cellule tumorali, generare infiammazioni e stress ossidativo o ridurre la capacità di detossificazione dell’organismo.

In alcuni casi le epatopatie dovute a queste esposizioni sono asintomatiche, in altri i sintomi includono nausea, vomito, mal di testa, dolori addominali, diarrea, affaticamento, perdita dell’appetito.

Il primo step per giungere alla diagnosi di epatopatia professionale è l’anamnesi lavorativa del paziente. Segue un esame obiettivo della sintomatologia la cui insorgenza va correlata al tempo di esposizione. Si eseguono anche test biochimici e con marcatori sierici per valutare la funzionalità del fegato, una biopsia epatica, risonanza magnetica, tomografia computerizzata ed ecografia.

Il trattamento, se attuabile, è correlato alla patologia derivata dall’agente tossico. Si può intervenire con farmaci o, in casi gravi, con un trapianto di fegato.


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